Dettagli Recensione

Voto medio 
 
5.0
Cucina 
 
5.0
Servizio 
 
5.0
Ambiente 
 
5.0
Qualità/prezzo 
 
5.0

Complimenti

Anche questa volta la sera sveva annuncia una notte di lieto mistero mentre nel Castello brulica onomatopeicamente una festa. Dal concerto dei calici, quali sciabole incrociate, scaturisce un'insospettata, lontana e stridente armonia, si direbbe  perfin "dodecafonica", costruita così come sortisce sulla melodia seriale, nonché contrappuntista di vitree note  stridenti.

Avvolto da quest'aura sonora appare Carlo (finalmente, sulla stessa  intonazione affinata in altre precedenti visite): lui, l'eroe della serata. 

Dismessi elmo e giaco di ferro - con l'intera sua armatura - al piano superiore, dove palpita l'immenso tavolo rotondo vero cuore pulsante dell'ospitale maniero landiano, eccolo dunque, il nostro Perceval, cavaliere eroico e romantico, qui nelle fattezze inequivocabilmente celtiche che ne scolpiscono la fronte padana, anzi ancor cremasca, nonché veneta per  storico blasone. 

Come occorse al gallese giovinetto eroe di Chrétien de Troyes, anche al nostro Carlo accade di assurgere a re del Santo Graal, dopo lunga avventura, tra i cavalieri di Re Artù, facendovi scorrere lo spirito di servizio, la fierezza e la lealtà in questa Tavola Rotonda.

É dunque in tale veste che, richiamati da Carlo, si presentano Camilla e Nicola, garbati e paladini in arme presso la brigata di cucina. Solcano allegri il familiare ordine di tavoli dall'elegante e sobria "mise en place": sagace e duchessa "sous chef", lei,"; "commis chef" quasi timido e certamente dedicato, lui. La schietta e intensa risata d'ambedui é illuminata dal fuoco crepitante del camino nobile. Orgoglioso come solo un capitano giunge ad esserlo,  Carlo-Perceval gode della scena, la quale si dipana nel presepe che sta scenicamente prendendo forma nella sala.

Del resto il legno dei due taglieri scelti ci aveva or ora collocati proprio nel cuore di questo spettacolo, fatti anche noi partecipi di un miracolo in grado di avvolgere perfino i salumi, quanto mai superlativi e piacentini, ancorché i diversi e inebrianti formaggi collocati, così ci indica il
Carlo, in rigoroso senso orario, che si svolge dalla toma alpina - ammaliante come la musica del corno quando risuona d'ingiù dalle valli -, fin su su, all'esotico "blu" da scoprire attraverso la tavolozza di mieli e marmellate, notevole quella di peperoni.

E così anche noi ci si ritrova trasferiti nell'immenso presepio cosmico a dialogare, tra sciami di stelle facenti capolino dalle alte finestre, con le laboriose viventi statuine di pastori qui fattisi camerieri, dai volti attendenti, nel loro presto e lieve fare, Colui che sta per nascere anche fra e nei commensali. 

Tuttavia, ad onor del vero, in questo presepio i pastori erano stati già anticipati dall'apparizione dei Magi, il cui turbante sintetizzatosi in bigné, dalla farcia di salmone e avvolto in polvere di verdissimo spinacio, ci aveva trasportati in fantasie di smeraldi colombiani e di fiordi svedesi, mentre i di loro mesopotamici  scettri stagliavano, sulla mensa regalmente intovagliata, nei giocosi dischi degli intarsiati lecca-lecca duttilmente plasmati con grana padano! 

Da qui viaggiare lontano, fino a ritrovarsi avvolti dalle nordiche e gravide nubi scozzesi, é un tutt'uno! Eccoci dunque trasportati tra gli allevamenti  delle due contee scozzesi dell'Angus e del Aberdeenshire, da dove superbe ci giungono le costate, appunto, di Black Angus, dalla morbidezza succosa e sapida il giusto, suggerite dal giovane ed esperto architriclinio della serata.  Ne é emerso molto apprezzato l’aroma, intenso e naturale, di certo proveniente dai feraci pascoli di fieno e grano, ancorché sferzati dal nobile vento di lassù, ma con il tutto sostenuto, anche grazie alla complicità di un deciso olio siciliano, dalle sapienti braci dello chef! 

Le stesse nel cui spettro brilla ora il rosso rubino dello sbalorditivo  altoatesino Pinot nero, disceso dai filari di Mazzon, culla di questo vitigno antico e verace, figlio di un territorio di natura sua argilloso e calcareo, esposto al generoso sole alpino preso da Occidente e sintesi della bellezza di cime montuose, paesaggi, laghi, castelli. Carlotto ne é il nome.

Suona come di paggio cortese, in realtà vi si narra della pluridecennale - fin dal 1940 - storia di sudata mezzadria familiare per conto di un'antica azienda, in seguito finalmente rilevata e poi affermatasi nei solchi delle seguenti varie generazioni. Il tutto inverato nel carattere sapido, rotondo, finemente tannico e fruttato con note di lampone e cassis di questo stupefacente "noir" dove trovano espressione le caratteristiche del suo luogo d'origine, insieme alla cura devota, ordinata e silenziosa - si direbbe addirittura "monastica" -  della cava di Chiavenna. Lì ci ha atteso per concedercisi stasera sulla scia poetica del nostro elegante Carlo-Perceval, vero anfitrione ed amico. 

Ci ritroveremo tra pochi giorni. Sarà Natale!

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